A TAVOLA CON SAN DOMENICO

Dalla lettera del Maestro dell’Ordine sulla preparazione del Giubileo del 2021

Il tema della celebrazione del Giubileo è A tavola con san Domenico, che si ispira alla tavola della Mascarella, la tavola su cui è stato dipinto il primo ritratto di san Domenico poco dopo la sua canonizzazione. In questo modo celebreremo san Domenico non solo come un santo solo su un piedistallo, ma come un santo che gode della comunione di un pasto con i suoi fratelli, riuniti dalla stessa vocazione di predicare la Parola di Dio e di condividere il cibo e le bevande, dono di Dio. La celebrazione del nostro Giubileo ci invita a riflettere su queste domande:

  • Cosa significa per noi essere a tavola con san Domenico qui e ora (hic et nunc)?
  • Come la sua vita e il suo lavoro ci ispirano e ci incoraggiano a condividere la nostra vita, la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore, nostri beni spirituali e materiali affinché anche altri possano essere loro stessi nutriti a questa stessa tavola?
  • Come questa tavola diventa una tavola per lo spezzare della Parola e del Pane di Vita?

Spero di condividere con voi in un’altra lettera le mie riflessioni su queste domande.

Fr. Gerard Francisco Timoner III, OP

 

La tavola di San Domenico

Cortesia di Don Andrea Caniato
12porte, Arcidiocesi di Bologna

https://youtu.be/WIPBoAuQSoE

 

 

LA TAVOLA DELLA MASCARELLA

ALTRE INFORMAZIONI

La tavola di “San Domenico a tavola con i suoi frati” nella chiesa di Santa Maria della Mascarella in Bologna
A cura di Gianni Festa ed Eleonora Tioli

La tavola conservata nella chiesa di Santa Maria della Mascarella a Bologna costituisce una preziosa testimonianza della storia dell’Ordine dei Predicatori. Infatti, l’opera presenta la prima raffigurazione di san Domenico mai dipinta, o per lo meno la più antica che sia giunta fino a noi. Il santo con l’aureola è raffigurato, in posizione frontale, davanti ad una ricca tavola imbandita assieme a quarantotto confratelli.

A questo straordinario valore iconografico, la tavola della Mascarella ne associa un altro a carattere cultuale. Infatti, secondo una tradizione bolognese risalente al XV secolo, la tavola è stata identificata con la mensa refettoriale alla quale san Domenico si è seduto e ha moltiplicato il pane per i suoi confratelli.

Il miracolo dei pani è ricordato da fra Rodolfo da Faenza nel Processo di canonizzazione di Bologna (1233): «Item, ha detto che quando nella casa mancava il pane o altro cibo o il vino, andava dal detto frate Domenico e gli diceva: “Non abbiamo pane o vino”. Ed egli diceva: “Va’ e prega, perché il Signore vi provvederà”. Questo testimone andava in chiesa a pregare e il detto frate Domenico spesso lo seguiva, e così Dio faceva sì che essi avessero sempre cibo a sufficienza. Talvolta, per suo ordine, metteva a tavola quel po’ di pane che avevano, e il Signore sopperiva a ciò di cui essi mancavano», e nelle agiografie del santo. Secondo la versione che avuto maggiore fortuna, due frati sono mandati alla questua ma tornano al convento senza aver raccolto nulla. Allora, san Domenico prega il Signore e due angeli appaiono in refettorio, portando due drappi carichi di pane: lo ricordano Costantino da Orvieto, Umberto di Romans, Iacopo e la beata Cecilia.

La tavola della Mascarella, quindi, può essere considerata come una reliquia di contatto, toccata dal corpo del santo e dal pane miracoloso portato dagli angeli.

 

Iconografia e storia materiale 

Per ragioni stilistiche, la tavola della Mascarella può essere datata tra il quarto e il quinto decennio del Duecento. È possibile che sia stata realizzata in seguito alla canonizzazione di san Domenico (1234) come una forma di omaggio al santo, morto a Bologna nel 1221.

A causa di una storia materiale piuttosto travagliata, l’opera ha perduto il suo aspetto originario, che è comunque possibile ricostruire. Inizialmente, presentava una lunghezza straordinaria, pari a 5.76 metri. L’altezza del manufatto, invece, è rimasta pressoché invariata e misura circa 44 centimetri. Inoltre, un’iscrizione oggi perduta correva lungo l’estremità inferiore del legno. Infine, in origine dovevano essere quarantotto i frati raffigurati assieme a san Domenico, mentre allo stato attuale se ne contano quaranta.

L’opera presenta san Domenico e i suoi confratelli raffigurati davanti ad una mensa riccamente imbandita con pani e con varie suppellettili quali piatti, coltelli, brocche e calici. Una teoria di archi e colonne doviziosamente decorate inquadra gruppi di due frati ad eccezione di san Domenico, che occupa da solo lo spazio condiviso da una coppia. San Domenico non emerge con forza rispetto agli altri frati: la figura del santo si differenzia soltanto grazie alle dimensioni maggiori, alla posizione centrale e all’aureola.

San Domenico viene rappresentato, nella sua immagine più antica, come un personaggio di una scena narrativa, e non come una figura iconica e isolata. Infatti, la tavola della Mascarella sembra celebrare più l’Ordine dei Predicatori nel suo insieme, che il suo fondatore. In questo senso, l’iconografia domenicana si distingue nettamente da quella francescana, volta a esaltare san Francesco come uomo straordinario. San Domenico, al contrario, viene spesso raffigurato in mezzo agli altri frati, come un primus inter pares.

Nel 1332, la chiesa della Mascarella subisce alcuni rinnovamenti e, in questa occasione, la tavola è ridipinta. La pittura duecentesca è coperta e di essa si perde memoria, mentre una nuova immagine è dipinta sulla parte tergale del legno, fino a quel momento priva di figurazione. L’immagine duecentesca presenta una generica scena conviviale, mentre quella trecentesca raffigura il miracolo dei pani narrato dalle fonti agiografiche.

San Domenico è seduto a tavola circondato da dodici frati, mentre due angeli portano del pane. Tale iconografia richiama quella dell’Ultima cena, in cui i dodici apostoli sono rappresentati a tavola con Cristo. In tal modo, la comunità domenicana delle origini è associata a quella apostolica, mentre san Domenico è paragonato a Cristo. L’immagine duecentesca si limitava a suggerire questo parallelismo, presentando assieme al santo quarantotto frati (multiplo di dodici).

La ridipintura trecentesca rispondeva a un’esigenza di aggiornamento non soltanto iconografico, ma anche stilistico. Infatti, le forme lineari e fluide della nuova figurazione contrastano con la monumentalità e la serialità dell’immagine duecentesca. L’opera, nella sua nuova versione, rispondeva più facilmente al gusto della Bologna del Trecento, formatosi sui modi della contemporanea arte gotica.

 

La storia della tavola come oggetto sacro

L’identificazione della tavola con la mensa del miracolo dei pani è attestata per la prima volta nella Cronaca di Girolamo Albertucci de’ Borselli, priore di San Domenico (1497). Il 14 novembre del 1497, i frati di San Domenico tentano di rubare la reliquia dalla Mascarella per portarla nella loro sede. Il cronista bolognese Fileno della Tuata, contemporaneo ai fatti, ricorda uno scontro tra i frati e i parrocchiani della Mascarella, che recuperano la tavola e la riportano in chiesa in processione.

Il tentato furto certifica, paradossalmente, lo statuto di reliquia della tavola. Infatti, le fonti bolognesi successive attestano il valore cultuale dell’oggetto, dando vita a una solida tradizione locale. È possibile che i frati di San Domenico fossero mossi da una volontà di accentramento: la tavola della Mascarella rappresentava l’unica reliquia bolognese di san Domenico a non essere conservata nella loro basilica, dove già riposava il corpo santo.

La basilica di San Domenico e la chiesa della Mascarella costituiscono i due punti principali della geografia domenicana locale. Infatti, all’inizio del 1218 la primitiva comunità domenicana bolognese si stabilisce in Mascarella, per poi trasferirsi nella primavera del 1219 nel convento di San Domenico, allora San Nicolò delle Vigne. La chiesa della Mascarella è un luogo memoriale legato alla storia bolognese dell’Ordine, mentre San Domenico un luogo santo in quanto sede delle reliquie corporali di Domenico.

Le fonti bolognesi sono le sole a collocare il miracolo dei pani nella chiesa della Mascarella, forti della credenza secondo la quale la tavola sia la mensa del miracolo. Per superare la contraddizione con le agiografie, alcune fonti locali distinguono tra due miracoli avvenuti a Bologna: in Mascarella gli angeli avrebbero portato del pane, mentre in San Domenico del pane e dei fichi. La predella di Vincenzo Spisanelli nel Coro della basilica di San Domenico testimonia questa credenza attraverso un unicum iconografico: il pittore ha raffigurato il miracolo avvenuto in San Domenico dipingendo quattro angeli, uno dei quali porta un cesto di fichi.

Prima del tentato furto, la tavola pendeva da una trave della chiesa, come attestato da Leandro Alberti nelle sue Historiae di Bologna (1541). In seguito, viene adagiata al muro in una cappella dedicata alla Madonna e a San Domenico, situata nel presbiterio a destra e protetta da una grata.

Nel 1823, la tavola viene spostata nella seconda cappella a destra, dedicata all’Assunzione di Maria. In questa occasione, viene segata in tre parti uguali che si ripiegavano l’una sull’altra, con l’intenzione di dividere la pittura trecentesca del miracolo dei pani. Ne è risultata anche la tripartizione della scena conviviale duecentesca, dipinta sul lato opposto e all’epoca celata alla vista.

Il 19 dicembre 1881 la tavola viene trasferita temporaneamente nella camera di residenza della Confraternita del Santissimo Sacramento in Mascarella. In questa occasione, si mostra la parte tergale dell’opera e si riscopre la figurazione originaria duecentesca. Nel 1912, la tavola viene trasferita nella cappella di San Domenico, costruita a sinistra dell’altar maggiore. Nel 1923, le due superfici pittoriche della tavola vengono per sempre separate: la pittura trecentesca, divisa in tre parti, viene trasportata su tela, mentre quella duecentesca rimane aderente al supporto ligneo originario.

 

La Tavola oggi e un suo possibile significato teologico

Per il suo statuto a cavallo tra opera d’arte e oggetto sacro, la storia materiale della tavola della Mascarella risulta particolarmente complessa. La pittura trecentesca è conservata in Mascarella nella terza cappella di sinistra: appese al muro si trovano le tre tele risultanti dalla ripartizione del 1823 e dal trasporto su tela del 1923.

La pittura duecentesca, invece, è smembrata in sei pezzi. Due delle tre parti risultanti dall’intervento del 1823 sono conservate assieme alle tre tele in Mascarella, disposte l’una sopra l’altra a mo’ di paliotto d’altare. Facendo riferimento all’aspetto originario dell’opera, si tratta della porzione centrale, in cui è raffigurato san Domenico, e di quella alla destra dell’osservatore.

La parte di sinistra, invece, è divisa in quattro parti. La prima, raffigurante cinque frati, è appesa in Mascarella assieme alle tre tele. La seconda, priva di figurazione ma originariamente dipinta con otto frati, si trova dal 1931 in San Domenico nella cella di maestro Moneta. La terza, con due frati, è conservata dal 1961 al Museo della Basilica di Santa Sabina a Roma. Un ultimo frammento raffigurante un frate è andato perduto.

Come si diceva all’inizio la Tavola raffigura al centro, san Domenico con l’aureola, affiancato da una successione di nicchie con coppie di frati predicatori tutti seduti alla mensa ricolma di pani. I frati, nella raffigurazione dei volti che ne fa l’anonimo pittore, sembrano provenire da varie parti d’Europa: forse il pittore li avrà visti in occasione di un capitolo Generale (allora i Capitoli Generali dell’Ordine si tenevano alternativamente a Bologna e a Parigi). Il significato del dipinto potrebbe trovare una sua fonte di ispirazione nel Prologo della Legenda di Pietro Ferrandi, il quale, a sua volta, si ispira Bolla di canonizzazione del Santo Fons Sapientiae (1234, Rieti):

«Una volta Dio, invitando in vari luoghi e in molteplici modi i suoi eletti a un banchetto eterno, negli ultimi giorni, ovvero nell’undicesima ora, mandò il suo servitore a dire agli invitati che arrivassero, poiché ormai tutto era pronto. Nell’interpretazione di san Gregorio Magno, questo servitore è un Ordine di predicatori, che deve essere inviato, negli ultimi tempi, ad avvertire le anime degli uomini dell’imminente avvento del Giudice. La Scrittura, infatti, preannunciò che ci sarebbe stato un nuovo Ordine di predicatori, e espresse chiaramente che esso avrebbe dovuto essere inviato alla fine del mondo, affermando: “Ha inviato il suo servitore nell’ora della cena”. L’ora della cena è la fine del mondo, noi siamo coloro per i quali la fine dei tempi è giunta. Un nuovo Ordine fu dunque inviato nell’ora della cena, cioè negli ultimi giorni. […] Questi sono i Predicatori: la Provvidenza divina ha previsto il loro Ordine per i pericoli di questi ultimi tempi, affinché, mentre si avvicina il giudizio di colui per il quale, nell’umiliazione, il giudizio è stato negato, il numero di testimoni si accresca».

Ci troviamo dunque alla più antica immagine di quella che all’epoca della canonizzazione di San Domenico avrebbe potuto essere l’autocomprensione della propria missione all’interno della Chiesa da parte dell’Ordine dei Predicatori.

A cura di Gianni Festa ed Eleonora Tioli


LA FAMIGLIA DOMENICANA A TAVOLA CON SAN DOMENICO

ALTRE INFORMAZIONI

In occasione dell’ottocentesimo anniversario della morte di San Domenico era prevista una mostra, nella Basilica di San Domenico a Bologna, con l’esposizione della “Tavola della Mascarella”, il ritratto più antico di San Domenico dipinto intorno al 1238.

Il santo è rappresentato a tavola con 48 fratelli probabilmente durante una cena al primo convento di Bologna, conosciuto oggi come SS. Maria e Domenico della Mascarella.

Sottolineando il tema “A tavola con San Domenico”, l’esposizione della tavola sarebbe stata accompagnata da 14 grandi fotografie posizionate nelle arcate della basilica a mostrare la Famiglia Domenicana oggi, nella sua diversità e universalità. A causa delle difficoltà e blocchi legati al Covid-19 siamo stati costretti a rinunciare alla mostra. Non vogliamo però rinunciare a ricordare l’universalità dell’Ordine 800 anni dopo la morte del suo fondatore. Ecco perché vorremmo pubblicare, sul nostro sito, le più belle fotografie dei diversi rami della Famiglia Domenicana; vi incoraggiamo pertanto a partecipare a questa iniziativa inviandoci delle fotografie che mostrano la vostra comunità o il vostro gruppo … “a tavola con san Domenico”. Ringraziamo chi vorrà contribuire a rendere speciale l’attuale immagine della Famiglia Domenicana.